tag:blogger.com,1999:blog-40500712024-02-27T23:25:38.410-08:00dedalustutto ciò che non necessariamente servePierohttp://www.blogger.com/profile/08653448533516241788noreply@blogger.comBlogger20125tag:blogger.com,1999:blog-4050071.post-42648116777832008442010-05-16T02:52:00.000-07:002010-05-16T03:01:00.755-07:00SBAGLI<br /><br />Ma cos'è questa storia dei ministri "che sbagliano"? Che si punirà chi sbaglia (ma ovviamente senza fare di ogni erba un fascio o liste di proscrizione). L'espressione tradisce l'ansia di giustificare e minimizzare anche se si comprende perfettamente che non è possibile e che la gente, gli elettori, non capirebbero. E' singolare che sia lo stesso termine usato negli anni Settanta dagli autonomi (ma non solo) per definire i terroristi: "Compagni che sbagliano" sottointendeva infatti rivoluzionari in buona fede, che ammazzavano solo a causa di una tattica scorretta, ma in fondo senza dolo, quindi non era del tutto colpa loro. Lo stesso accade oggi con Scajola che non ha commesso un reato o come minimo è coinvolto in una pratica poco pulita, ma ha "sbagliato" è incorso in un errore, certo riprovevole quindi da sanzionare, ma che nel complesso va considerato come persona perbene. Se è cosi' si capisce pure lo stupore di Bertolaso che non capisce che per un "errore" molto meno grave Clinton rischio' la presidenza.Pierohttp://www.blogger.com/profile/08653448533516241788noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4050071.post-34503621158374952462010-04-19T01:58:00.000-07:002010-04-19T04:19:56.026-07:00PRESENTAZIONI<br /><br />Perché da noi nessuno si presenta? Mi telefonano spesso persone che cercano uno studio medico che ha un numero simile al mio. Nessuna che dica chi sia, che si presenti. Voci incerte (capiscono subito che qualcosa non va): "Ehm, io... avrei un appuntamento"; "Sono passato ieri mattina..." ecc. In Germania non si dice neppure "Pronto?", molti rispondono direttamente con il loro cognome: "Kaufmann!" Sì, sono tedeschi, ma gli inglesi dicono subito "This is..." e segue il nome. Nei film e telefilm americani vediamo sempre due persone che si presentano tre minuti dopo essersi conosciute (se nessuno lo fa per loro): certo possono essere ragioni di sceneggiatura, ma a chi non è successo di parlare con qualcuno in treno, o in una sala d'aspetto per decine di minuti senza saperne il nome e cognome? E' perché siamo cauti, che la fiducia nel prossimo è (quasi sempre a ragione) bassa e prima di fornire informazioni su di noi vorremmo avere maggiori rassicurazioni? <br />Certamente, ma c'è soprattutto impaccio, incapacità di usare le forme dell'educazione, le semplici formule che nessuno ci insegna, o meglio che riteniamo superate, antiquate, ridicole e obsolete perché noi vogliamo rappresentarci come spontanei, diretti, alla mano (il che significa anche volgari, il più delle volte) e invece finisce che facciamo figure patetiche e finiamo per dare del tu disinvoltamente a gente che non abbiamo mai visto (o cominciare mail con "Carissimo", come mi è capitato con una persona che faceva una proposta di lavoro) salvo poi pentircene quando i rapporti magari si guastano e allora tutta quella confidenza risulta imbarazzante e vorremmo tornare a un lei ormai precluso...Pierohttp://www.blogger.com/profile/08653448533516241788noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4050071.post-75221184234266290452010-02-18T02:26:00.000-08:002010-02-18T02:47:45.135-08:00ISTRUZIONI DI VIAGGIO<br /><br />Sul treno tra Milano e Bergamo: regionale sporco, usurato, da sopportare per un'ora. Passa un controllore giovane gli do il biglietto. Dopo di me si ferma davanti a due ragazzi stranieri e in un inglese stentato sento che discutono: loro non hanno convalidato il biglietto e lui è deciso a multarli. I due sono ovviamente sconcertati, soprattutto per l'entità della sanzione (ormai ha raggiunto i 50 euro) e non si capacitano del fatto che da nessuna parte in stazione sta scritto che i biglietti vanno convalidati nelle macchinette - ed è vero: dopo la campagna iniziale delle ferrovie quando fu introdotta questa innovazione, non c'è più traccia di avvisi. Lui replica che sta scritto sul biglietto, in italiano e in inglese, e che non può fare altro che multarli. Mi alzo e mi avvicino al controllore: non può vedere se per caso sono in buona fede, magari verficando la data e ora di emissione del biglietto? Se scopre che è stato emesso mezz'ora fa magari si rende conto che effettivamente non sapevano della norma. Mi risponde che lui non è il capotreno e che il suo dovere è rispettare il regolamento e poi, imprevedibilemente, che "questi" fanno sempre come gli pare, che anche la mattina ha dovuto chiamare la polizia perché quattro marocchini viaggiavano senza biglietto, e che farebbero bene stare a casa loro. I due ragazzi sono tutt'altro che marocchini, biondi, vestiti decentemente e dall'aria comprensibilmente esterrefatta. Gli chiedo di ripensarci, che a me è capitato un sacco di volte di dimenticare di convalidare e mai nessun controllore mi ha multato, limitandosi a scrivere a penna sul biglietto una convalida sostitutiva. Commenta che per me è diverso, che io lo sapevo (?) e che comunque lui non può e non vuole farci niente. Siamo in un impasse: i due obiettano che la cosa gli pare del tutto ingiusta, io insisto che almeno gli faccia la sanzione ridotta, quella da otto euro, che si tratta di due ragazzi perbene. Chiedo a loro da dove vengono e quando rispondono "Serbia" lui pare rafforzarsi nella sua posizione. A un certo punto il treno si ferma in una stazione, vedo le porte aprirsi e gli dico "li faccia scendere", lui acconsente con una alzata di spalle, loro non se lo fanno dire due volte: mi ringraziano rapidamente e si precipitano all'uscita.<br />In realtà non sanno, come in genere non sappiamo neppure noi, che la convalida del biglietto è stata escogitata per ovviare a un problema che le Ferrovie non sono mai riuscite a risolvere: i controllori tirano a lavorare il meno possibile e spesso non fanno neppure il giro di controllo dei biglietti. Ho viaggiato decine di volte su quel treno e almeno la metà dei viaggi non si è presentato nessuno a chiedermi il biglietto.Pierohttp://www.blogger.com/profile/08653448533516241788noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4050071.post-51060588406968947932010-01-17T10:29:00.000-08:002010-01-17T11:23:15.104-08:00PROVE DI REALTA'<br /><br />Cammino per la città e cerco di non guardare le scritte sui muri per non arrabbiarmi, ma non ci riesco. Le vedo spuntare da ogni parte, indovino la lotta persa in partenza da portieri e inquilini che ogni tanto ripuliscono le facciate con una mano di vernice: ma c'è poco da fare, i tags ributtanti rispuntano come funghi dopo il temporale ogni mattina. Su alcuni palazzi (quelli pubblici perlopiù) si accumulano e stratificano in arabeschi osceni, segni sghignazzanti che mettono a nudo l'incuria, l'indifferenza, la rassegnazione. Il Comune ha ormai smesso di fare proclami di lotta: è solo riuscito a suscitare i piccati distinguo della Soprintendenza, che rivendica la potestà sull'aspetto esteriore dei palazzi storici. Il primo evidentemente non comprende (o meglio capisce benissimo ma finge di non saperlo) che annunciare un programma di ripulitura non è che un misero palliativo e solo un favore fatto ai taggers notturni; la seconda che l'ottusa difesa delle proprie prerogative lascerà solo le cose come stanno, e probabilmente non farà che peggiorarle. Entrambi a quanto pare vivono in una città immaginata, che non è quella della gente normale.<br />Altro fantastico indizio di questo mondo onirico in cui si culla la città ufficiale sono le insegne. Ormai sono decine: sopra un negozio di abbigliamento sportivo (notissima griffe di giubbotti in pelle) campeggia l'insegna delle telerie che in quei locali prosperavano cinquant'anni fa; sopra la libreria di tendenza aperta da poco più di un anno si allineano le grossolane lettere di plastica bianca che compitavano il nome di un cinema scomparso da decenni; sopra una boutique modaiola si impone la sinuosa insegna liberty di una cartoleria aperta nei primi anni del secolo scorso; sopra una interessante mostra d'arredamento si legge il sobrio epitaffio di una storica libreria, fallita da almeno vent'anni. Mi domando sempre cosa possa pensare uno straniero che capiti da noi senza essere preventivamente avvertito: probabilmente a uno scherzo, o che per qualche misterioso intoppo la nuova insegna deve ancora essere installata. Invece no: l'effetto straniante, per così dire, fa parte di una dichiarata politica di conservazione della memoria: a ricordare ai cittadini chi eravamo, come era la città nei tempi andati, come era bello quando le signore della buona borghesia soppesavano i tessuti in vendita a metraggio nello storico negozio, o quando gli scolaretti rinnovavano il corredo di pennini e quaderni in vista dell'inizio del nuovo anno. Un inane sforzo di mantenere in vita un passato immaginario, che probabilmente non è mai esistito, e insieme la determinazione a distogliere lo sguardo dalle attuali e reali brutture tracciate sui muri, ogni notte, con le bombolette spray.<br />Cosa possiamo aspettarci da chi mostra una tale concezione della realtà? Cosa può fare per contrastare questo deprimente degrado chi appare impegnato a trattenere la sabbia del tempo che gli sfugge inesorabilmente tra le dita? Ho sempre più l'impressione di vivere in un luogo dove si ha paura di spostare qualunque cosa, e dove soprattutto si ha paura del cambiamento, del futuro. E - lo si sarà capito - l'amministrazione di cui stiamo parlando è quella una delle più celebri e blasonate giunte di sinistra del paese.Pierohttp://www.blogger.com/profile/08653448533516241788noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4050071.post-51527262660152658362010-01-12T08:48:00.000-08:002010-01-12T09:15:41.166-08:00Oggi ho visto una cosa che mi ha impressionato. Ero alla fermata del bus, ordinaria attesa del mezzo. Dal minimarket accanto esce una ragazza, una donna di una trentina d'anni, ucraina forse o moldava, con un sacchetto di pistacchi in mano. Nell'aprirlo di colpo ne cadono un venti-trenta sul marciapiede. Non è un marciapiede molto pulito: ci sono cicche, cartacce, le solite cose. Lei si piega e penso che forse li vuole recuperare, col guscio non si sono sporcati, ma no: li raccoglie uno a uno coscienziosamente e li getta nel cestino dei rifiuti accanto, accertandosi che non ne resti nessuno in terra. Ho pensato che un italiano, e neppure una donna italiana, avrebbe fatto lo stesso: li avrebbe lasciati lì, o al massimo li avrebbe spostati col piede in un angolo.<br />Ma che razza di gente siamo se a prendersi cura di ciò di cui noi non ci sogniamo di preoccuparci (il decoro di un marciapiede) sono invece gli stranieri? Mi viene la tentazione di fare un parallelo coi vecchi, di cui non ci curiamo più ecc. ma la scaccio subito: sarebbe bassa retorica dei buoni sentimenti, e non ci credo. No, ai nostri vecchi ci teniamo, e per fortuna che ci sono le badanti, ma per tante altre cose siamo svogliati e disillusi. <br />Un altro pensiero che mi è venuto è che la donna ucraina temesse di poter essere ripresa da qualcuno, come la solita immigrata che viene a fare casino, e si è affrettata a rimettere ordine. Ma questo sarebbe pure peggio, e spero proprio che non sia così.Pierohttp://www.blogger.com/profile/08653448533516241788noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4050071.post-50694561430283897312009-12-17T14:53:00.000-08:002009-12-17T15:23:01.301-08:00Sono stato al Moma, a New York. Veramente si dovrebbe scrivere MoMA o qualcosa del genere, ma immagino si capisca cosa sia. L'edificio è bellissimo, incantevole: cinque o sei piani di sale amplissime, luminose, con aperture interne e la possibilità di guardare dall'alto e vedere da un piano all'altro l'affollarsi dei visitatori, l'incessante ritmo silenzioso e cadenzato delle visite. L'arte contemporanea non mi fa più l'effetto di una volta: quando ero più giovane cercavo di capire i significati profondi che si nascondevano sulla superficie di quelle tele: mi sforzavo di vedere le linee, le macchie, la materia costitutiva dei quadri e pensavo che ogni opera avesse una sua precisa collocazione nel cosmo, che rappresentasse un punto insostituibile e necessario nella costruzione di un tutto significante, di un estetica moderna densa di siginificati, dello svolgersi di concetti assoluti e rivelatori. Non era Fontana che intitolava i suoi quadri Concetto spaziale? Ecco quel concetto era come una pagina di Calvino, esemplificata nelle lezioni americane: esatta, leggera, rapida, e in una parola vera nel suo nudo presentarsi agli occhi di chi le stava di fronte. Cercavo - e mi convincevo di trovare - un'epifania, anche se molto spesso mi dicevo che se non provavo sufficiente emozione era per colpa mia, che non riuscivo a cogliere, a penetrare quegli assoluti, che sarebbe occorso tempo, e studio, e riflessione per elevarmi a quella percezione esoterica. <br />Perché ci soffermiamo in religioso silenzio di fronte a qualche decina di quadri prodotti da poche persone che hanno avuto la ventura di vivere tutti in pochi chilometri quadrati nel corso di alcuni anni tra il secondo e il terzo decennio del secolo scorso? Ho letto di recente che dalla classe universitaria di Damien Hirst sono usciti tre o quattro dei maggiori artisti contemporanei viventi. Come è possibile? Non c'è una valida ragione statistica per questo, e noi perché dovremmo credere - perché si tratta di condividere una credenza - a una simile improbabile eventualità?<br />Non è un pensiero originale, ma anch'io sono sempre più convinto che a orientare il nostro gusto, le nostre idee in fatto di arte ed estetica, la nostra venerazione (parola spia) per i capolavori, sia una sorta di atteggiamento religioso. Ci rechiamo in pellegrinaggio a musei e mostre come si fa con i santuari e le reliquie. Siamo convinti che l'arte porti dei significati reconditi. Che le opere in quanto oggetti siano dotate di un'aura speciale che le rende uniche e preziose. Che l'avvicinarci a un'opera possa renderci migliori o elevarci al di sopra della miseria quotidiana. Che gli artisti siano persone sovrumane, dotati di percezioni superiori e degne di venerazione e di narrazione biografica. Per non parlare della sacralizzazione (museizzazione) di tutto ciò che hanno toccato o dei luoghi in cui hanno vissuto. Questa chiesa dell'arte ha i suoi santi, i sacerdoti, discepoli, credenti e reprobi. Un tempo l'arte era sacra perché ancella della religione (quella vera) oggi si è sacralizzata, riportando a una pratica cultuale enormi stuoli di gente che credeva di essersi liberata di ogni credo religioso. De hoc satis.Pierohttp://www.blogger.com/profile/08653448533516241788noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4050071.post-21178528683536855842009-12-17T08:51:00.000-08:002009-12-17T09:21:10.767-08:00 <meta name="Title" content=""> <meta name="Keywords" content=""> <meta equiv="Content-Type" content="text/html; charset=utf-8"> <meta name="ProgId" content="Word.Document"> <meta name="Generator" content="Microsoft Word 2008"> <meta name="Originator" content="Microsoft Word 2008"> <link rel="File-List" href="file://localhost/Users/pieros/Library/Caches/TemporaryItems/msoclip/0/clip_filelist.xml"> <!--[if gte mso 9]><xml> <o:officedocumentsettings> <o:allowpng/> </o:OfficeDocumentSettings> </xml><![endif]--><!--[if gte mso 9]><xml> <w:worddocument> <w:zoom>0</w:Zoom> <w:trackmoves>false</w:TrackMoves> <w:trackformatting/> <w:punctuationkerning/> <w:drawinggridhorizontalspacing>18 pt</w:DrawingGridHorizontalSpacing> <w:drawinggridverticalspacing>18 pt</w:DrawingGridVerticalSpacing> <w:displayhorizontaldrawinggridevery>0</w:DisplayHorizontalDrawingGridEvery> <w:displayverticaldrawinggridevery>0</w:DisplayVerticalDrawingGridEvery> <w:validateagainstschemas/> <w:saveifxmlinvalid>false</w:SaveIfXMLInvalid> <w:ignoremixedcontent>false</w:IgnoreMixedContent> <w:alwaysshowplaceholdertext>false</w:AlwaysShowPlaceholderText> <w:compatibility> <w:breakwrappedtables/> <w:dontgrowautofit/> <w:dontautofitconstrainedtables/> <w:dontvertalignintxbx/> </w:Compatibility> </w:WordDocument> </xml><![endif]--><!--[if gte mso 9]><xml> <w:latentstyles deflockedstate="false" latentstylecount="276"> </w:LatentStyles> </xml><![endif]--> <style> <!-- /* Font Definitions */ @font-face {font-family:Cambria; panose-1:2 4 5 3 5 4 6 3 2 4; mso-font-charset:0; mso-generic-font-family:auto; mso-font-pitch:variable; mso-font-signature:3 0 0 0 1 0;} /* Style Definitions */ p.MsoNormal, li.MsoNormal, div.MsoNormal {mso-style-parent:""; margin-top:0cm; margin-right:0cm; margin-bottom:10.0pt; margin-left:0cm; mso-pagination:widow-orphan; font-size:12.0pt; font-family:"Times New Roman"; mso-ascii-font-family:Cambria; mso-ascii-theme-font:minor-latin; mso-fareast-font-family:Cambria; mso-fareast-theme-font:minor-latin; mso-hansi-font-family:Cambria; mso-hansi-theme-font:minor-latin; mso-bidi-font-family:"Times New Roman"; mso-bidi-theme-font:minor-bidi; mso-no-proof:yes;} @page Section1 {size:595.0pt 842.0pt; margin:72.0pt 90.0pt 72.0pt 90.0pt; mso-header-margin:35.4pt; mso-footer-margin:35.4pt; mso-paper-source:0;} div.Section1 {page:Section1;} --> </style> <!--[if gte mso 10]> <style> /* Style Definitions */ table.MsoNormalTable {mso-style-name:"Table Normal"; mso-tstyle-rowband-size:0; mso-tstyle-colband-size:0; mso-style-noshow:yes; mso-style-parent:""; mso-padding-alt:0cm 5.4pt 0cm 5.4pt; mso-para-margin-top:0cm; mso-para-margin-right:0cm; mso-para-margin-bottom:10.0pt; mso-para-margin-left:0cm; mso-pagination:widow-orphan; font-size:12.0pt; font-family:"Times New Roman"; mso-ascii-font-family:Cambria; mso-ascii-theme-font:minor-latin; mso-fareast-font-family:"Times New Roman"; mso-fareast-theme-font:minor-fareast; mso-hansi-font-family:Cambria; mso-hansi-theme-font:minor-latin;} </style> <![endif]--> <!--StartFragment--> <p class="MsoNormal">Beh, certo, Stasi è antipatico: un tg oggi lo definiva "glaciale" solo perché se ne stava buono e zitto all'ultima udienza. Lo stesso capitava con Scattone e Ferraro, a suo tempo, e anche Annamaria Franzoni non ha mai goduto del favore del pubblco. Ma il punto è che in un paese civile se non ci sono prove, se ci si fonda solo su indizi controversi e indagini grossolane non si può, e non si deve, condannare. Sì, ci sta antipatico, e poi "se non è stato lui, allora chi è stato?" e anche "ma a me non mi convince": bene, quindi che lo facciamo a fare un processo? Tanto vale impiccarlo in piazza, no? Fortuna che ha trovato un giudice coscienzioso che non si è accontentato del castello costruito dall'accusa, che non ha avuto rispetto corporativo per i suoi colleghi (e colleghe) pm e che ha ordinato nuove perizie e ricostruzioni e ha deciso secondo ciò che gli dettava la coscienza, e non la pancia.</p> <!--EndFragment--> Pierohttp://www.blogger.com/profile/08653448533516241788noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4050071.post-9323592423812142542009-04-26T01:49:00.000-07:002009-04-26T01:56:28.818-07:00Nella lingua italiana è in corso un processo di semplificazione, lo si vede ogni giorno. Una forma che va scomparendo è il 'neppure', 'neanche'. Sempre più spesso si sente, si legge: "anche io, non.../anche noi, non..." Accade in maniera del tutto inconsapevole e di fatto non suona neppure più tanto stonato. In una mail una docente di Letteratura italiana alla Normale di Pisa mi scrive "anche io non amo le cose lasciate a metà", anziché "neppure io..."; e Sansonetti stamattina alla rassegna stampa di Radiotre dice a un ascoltatore "anche io non l'ho letto" e nessuno lo corregge.Pierohttp://www.blogger.com/profile/08653448533516241788noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4050071.post-64982993791424259422009-04-17T06:45:00.000-07:002009-04-17T07:24:48.914-07:00Parliamo di Annozero di ieri sera. La discussione pubblica ha raggiunto l'usuale parossismo di noia: va da sé che la satira è sgradevole, va da sé che non è fatta per piacere o compiacere, che deve tirare fango ad alzo zero ecc. Le trasmissioni del conduttore sono così da anni, faziose e scontate, nulla di nuovo e d'altra parte la reazione della Rai con la sospensione del disegnatore è una misura ridicola a dir poco.<br /><br />Più interessanti dal mio punto di vista due macroscopici errori di ortografia: un cartello mostrato dal conduttore che riportava "provincie", con la 'i', e una vignetta del disegnatore dove il povero precario dice: "ma così no sto sù", "sù" con l'accento. Ecco: sono qui i particolari rivelatori.<br /><br />Solo una piccolissima annotazione di merito: come in Dario Fo anche la satira di Vauro si appella a una purezza cristiana perduta - quasi un tema francescano - e mette in scena un "povero-Cristo" precario. Anche in questo la sinistra italiana non riesce - proprio non gli riesce - a essere laica. Poi magari dicono che il paradigma religioso è nazional-popolare, ma penso proprio che sia purtroppo la spia di un atteggiamento intimamente religioso: moralista e dogmatico.Pierohttp://www.blogger.com/profile/08653448533516241788noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4050071.post-9642209187601789302008-05-29T09:58:00.001-07:002008-05-29T09:58:18.975-07:00ProvaPierohttp://www.blogger.com/profile/08653448533516241788noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4050071.post-82661873649192318032008-03-16T09:54:00.000-07:002008-03-16T10:49:03.371-07:00Il dollaro a 1,56. Ma perché misuriamo in dollari il valore del dollaro? Non dovremmo dire che il dollaro sta a 0,64 euro? Non è un'incongruenza dire che il dollaro crolla perché è passato da 1,45 a 1,56? Comunque siamo in buona compagnia: anche i francesi fanno lo stesso errore; i tedeschi invece, precisi come sono, si riferiscono comunque al valore dell'euro, anche se sempre in termini di dollari.<br />Quando c'era la lira il valore del dollaro era invece espresso in lire, come quello delle altre monete. Si diceva il dollara ha sfondato le 2000 lire! Oppure il dollaro debole a 1000! Che è successo? Perché questa inversione?<br />Probabilmente questo ci dice qualcosa: se pensiamo al dollaro come moneta di riferimento forse è perché l'euro - in tutta Europa - non è ancora percepito come la "nostra" moneta, ma ancora come qualcosa di estraneo, di astratto.Pierohttp://www.blogger.com/profile/08653448533516241788noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4050071.post-87212046609114424152008-02-20T14:09:00.000-08:002008-02-20T15:25:43.349-08:00Per l'ennesima volta una traduzione sciatta in un telefilm. CSI New York, trama mediocre: all'interno di un laboratorio un poliziotto vede un animale mostruoso, un topo con una specie di orecchio sulla schiena. Il ricercatore gli spiega che è transgenico e che così fanno crescere un organo che poi trapianteranno completo su un paziente. Il poliziotto esprime un certo ribrezzo e il ricercatore gli risponde: "E' il nuovo mondo coraggioso". Probabilmente - anzi con certezza - si tratta di una citazione del titolo del romanzo di Aldous Huxley 'Brave New World', in cui i bambini sono fatti nascere artificialmente in certi bottiglioni di laboratorio, e il parallelo con le mostruosità del laboratorio genetico è trasparente. Il traduttore però non sembra saperlo, altrimenti avrebbe tradotto con "è il mondo nuovo" (riecheggiando il titolo italiano del libro); o avrebbe rinunciato perché l'eco di Huxley nella nostra cultura è molto più flebile; oppure avrebbe cercato di citare il titolo di un libro o film apocalittico più conosciuto da noi. Ma non ha colto nessuna eco, e ha dato la traduzione più piatta e incolore possibile, rendendo tra l'altro incomprensibile la battuta. Beh, non è tanto questo che sconforta: non si può aver letto tutto, quanto la distanza tra gli sceneggiatori di CSI, che una certa conoscenza la dimostrano, e la assoluta inadeguatezza di chi dovrebbe interpretarli alla periferia dell'impero (se ha ancora senso una simile espressione: magari basta alla periferia e stop). Buona notte.Pierohttp://www.blogger.com/profile/08653448533516241788noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4050071.post-20702540155331484512007-08-25T18:31:00.000-07:002007-08-25T18:33:23.561-07:00Dopo quattro anni sono riuscito a riprendere il controllo di dedalus - il mio primo blog - e finalmente posso ricominciare a scrivere. Certo ho un po' di arretrato da recuperare...Pierohttp://www.blogger.com/profile/08653448533516241788noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4050071.post-886430192003-02-06T03:44:00.000-08:002008-02-20T15:24:29.317-08:00<b>E’ scomparso il Primo Febbraio </b>
<br />Sarà per la diffusione dei computer o perché l’italiano è finalmente diventato la lingua del popolo; sta di fatto che è scomparso il primo del mese, sostituito incongruamente da “l’1”. Sul Foglio di ieri (<a href="http://www.ilfoglio.it/pdf/05022003_2.pdf">p.2</a>) si legge “l’1 febbraio 2003”. Quello che è interessante è che nello stesso articolo, qualche riga dopo, si trova il “1° maggio” (con le manifestazioni annesse). Già: il 1° maggio è il rito del Primo Maggio, non un 1 febbraio qualsiasi.
<br />Pierohttp://www.blogger.com/profile/08653448533516241788noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4050071.post-884940562003-02-03T14:11:00.000-08:002008-02-20T15:24:29.331-08:00<b>Kosztka Csontváry</b>
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<br /><img src="http://www.kfki.hu/keptar/elet-kep/c/csontvar/eletrajz.jpg">
<br />E' un pittore ungherese. Assistendo a una sua mostra Picasso commentò: "Credevo che in questo secolo di grandi pittori ci fossi solo io" Vale la pena di vedere <a href="http://www.kfki.hu/keptar/kep/c/csontvar/muvek/-1900/ablaknal.jpg">questo</a>, e <a href="http://www.kfki.hu/keptar/kep/c/csontvar/muvek/1908-10/maria_k2.jpg">questo</a>. Oppure tutti insieme i suoi <a href="http://www.kfki.hu/keptar/english/c/csontvar/">quadri e un commento</a> presso la Galleria Nazionale ungherese. In genere i siti su Budapest e i suoi musei sono eccellenti.Pierohttp://www.blogger.com/profile/08653448533516241788noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4050071.post-884920692003-02-03T13:32:00.000-08:002008-02-20T15:24:29.341-08:00<b>Resistere, resistere, resistere </b>
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<br /><img src="http://www.lions.it/thelion/08-00/images/Image120.gif">
<br />Oggi solo spigolature. Vorrei segnalare - dai giornali che riesco a leggere - <a href="http://mithril.corriere.it:9100/gl2/owa/GLOBR$UNED.htm?P_ID=1749207&P_TESTO=&P_PROVENIENZA=GL">l’articolo </a> sul Corriere di Francesco Giavazzi a proposito del commissariamento del CNR. Signora Moratti, io non l’ho mai amata particolarmente ma questa volta ascolti il consiglio: resista.
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<br /><b>New blog in the block </b>
<br />Devo ringraziare Antonio Dini per avermi aiutato a capire (cioè me l’ha proprio spiegato) come si fanno varie cose: grassetti, corsivi, link di vario genere. Pierohttp://www.blogger.com/profile/08653448533516241788noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4050071.post-884350282003-02-02T13:02:00.000-08:002008-02-20T15:24:29.352-08:00<b>Paradisi fiscali</b>
<br />Chissà perché in Italia si parla di “paradisi” fiscali per indicare quelli che in inglese sono “tax haven” (porti sicuri, rifugi)? Da un lato deve esserci una svista - “haven” deve essere stato scambiato per “heaven”, paradiso; immagino però che il bisticcio sia stato aiutato dal fatto che per noi italiani un posto dove non si paga un inferno di tasse deve proprio essere un ‘paradiso’...
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<br /><b>Copycat</b>
<br />Già per la seconda volta la rubrica <a href="http://www.wittgenstein.it/cr/rep1feb.html">Redazionalmente corretto</a> del <a href="http://www.ilfoglio.it/">Foglio</a> compilata da Christian Rocca (a proposito, molto gustosa: complimenti da un lettore di Repubblica dal primo numero) associa il termine copycat a serial killer. E’ vero che c’è stato un film (<i>Copycat</i>) in cui un killer si ispirava a omicidi famosi, che appunto copiava; ed è anche vero che Vittorio Zucconi(<a href="http://www.wittgenstein.it/cr/aiutino.html">Zuccopycat</a>), in un articolo sulla vicenda dello Sniper di Washington, ha tradotto il termine in modo stupidamente letterale (per fare lo spiritoso, come non sempre gli riesce). Ma <i>copycat</i> vuol dire solo copione. Si veda per una very quick reference l’ottimo (ottimo davvero) dizionario incorporato in Word 2001 (Mac Edition): <b>cop·y·cat</b> <i>n</i> Somebody, especially a child, who slavishly imitates another (<i>informal</i>)Pierohttp://www.blogger.com/profile/08653448533516241788noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4050071.post-884163572003-02-02T01:31:00.000-08:002008-02-20T15:24:29.361-08:00<b>Democrazia compiuta?</b>
<br />Questa mattina alla rassegna stampa di Radio3 il direttore del Manifesto, Riccardo Barenghi, ha dichiarato che è da discutersi se gli Stati Uniti siano una "democrazia compiuta". A sostegno di questa stupefacente affermazione ricordava come - trenta anni fa - durante un viaggio in America, spingendosi fuori da città "europee" come San Francisco o New York avesse avuto "l'impressione che non vi fosse poi tanta partecipazione". Se su questo genere di provincialismo si fondano le opinioni del direttore di un importante quotidiano nazionale, fanno bene gli americani a disinteressarsi completamente del nostro paese.Pierohttp://www.blogger.com/profile/08653448533516241788noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4050071.post-872188112003-01-10T06:34:00.000-08:002008-02-20T15:24:29.369-08:00Decisamente non ho il tempo per stare dietro a un blog. Penso però che se cerco di applicarmi - e soprattutti di ricordarmi di avercelo - posso arrivare ad riversare qui le cose notevoli. Enduring blog.Pierohttp://www.blogger.com/profile/08653448533516241788noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4050071.post-865259032002-12-25T14:35:00.000-08:002008-02-20T15:24:29.375-08:00Salve a tutti. Questo è il mio primo blog, e ancora non so bene cosa farci; per il momento auguri per Natale e il nuovo anno.Pierohttp://www.blogger.com/profile/08653448533516241788noreply@blogger.com0